Una breve riflessione...

Bologna è sempre Bologna. Che detto così sembra già una banalità, ma per una come me, che ha intrapreso la “vita da libraia” da solo un anno e mezzo, è un’affermazione con moltissimi significati impliciti.
Ricordo perfettamente la sensazione di estasi, lo scorso anno, quando ho messo piede, per la prima volta nella vita, tra i padiglioni della Fiera di Bologna. Il mio pensiero, che se non ricordo male ho anche condiviso, è stato “Che bel lavoro che ho scelto!”. E dentro a quel pensiero, che ancora oggi mi commuove, c’era tutta la felicità, l’entusiasmo, la passione che stavo mettendo (e metto ancora) in quella che definivo “la mia nuova avventura”.
Non sono certa però, purtroppo, che tutti possano capire questo mio entusiasmo, che ho provato, anche se in maniera diversa, anche all’ingresso in fiera dopo un anno.
Questa edizione 2013 è stata diversa, per certi versi mi ha lasciata un po’ delusa: sicuramente perché avendo spostato in città tutti gli eventi con gli autori ci siamo perse molto, restando a girare tra gli stand, ma vitale alla stessa potenza, anche se in modo diverso.
E veniamo alle considerazioni, perché non mi voglio dilungare troppo.
Prima. Spero di non arrivare mai a “non sopportare” più questa manifestazione e la spossatezza che ti lascia nelle ossa. Mi auguro che l’entusiasmo nello sfogliare le novità, girare tra gli stand, stringere le mani di scrittori e scrittrici, non mi lasci mai. Quindi non me ne vogliano quelli che a questo “stadio” ci sono già arrivati e non hanno condiviso la mia euforia. Sono certa che vivano la fiera in modo diverso e per motivi diversi, a cui forse io non potrò mai aspirare, ma per ora mi godo questa vitalità.
Seconda. Non posso esimermi invece dall’esprimere il mio senso di amarezza e soprattutto di sorpresa per quelli che invece mi guardano increduli e mi chiedono “Tre giorni? E cosa ci stai a fare qui tre giorni?”. Ma ti sei guardato intorno?
Terza. E questa è forse la considerazione più seria, ma anche più provocatoria. Già lo scorso anno mi ero resa conto, mio malgrado, di quanto fosse difficile, anche in un posto come la fiera del libro per ragazzi, essere libraia. E non parlo di una libraia indipendente in particolare, ma libraia e basta. Essere circondata da persone che si occupano di libri ed accorgersi che in qualunque circostanza, sia essa una presentazione, un dibattito, una chiacchierata qualunque, quando si nominano “gli operatori” del settore, i librai non sono mai citati (non mi riferisco solo ai riferimenti verbali, ma anche ai programmi stampati!) è veramente frustrante.
E anche quest’anno la sensazione è stata la medesima, l’essere non considerati.
Forse ora qualcuno con maggiore esperienza della mia (quasi tutti) mi dirà che è normale, che mi devo rassegnare, che sarà sempre così, invece io mi aspetto che ci sia qualcuno che condivida con me questa sensazione per combatterla, per fare qualcosa affinché le cose cambino, perché non ci si debba sempre sentire come quelle/i che vogliono portare solo l’acqua al proprio mulino: facendo i librai non si diventa ricchi, si può solo rendere più ricchi gli altri (e non parlo di soldi).
Come ha detto una cara amica ieri: noi non siamo commercianti, siamo librai.

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